L’apparato digerente è costituito da un insieme di organi il cui compito prevede l’assunzione, la digestione, l’assorbimento degli alimenti e la loro eliminazione.
Perché avvengano i movimenti peristaltici ci deve essere una componete muscolare, rappresentata dalla muscolatura liscia degli organi cavi (esofago, stomaco, intestino tenue e crasso) e una componente nervosa. L’attività degli organi del tratto digestivo è regolata dal sistema nervoso autonomo.
In alcuni casi i movimenti peristaltici possono essere eccessivi o diminuiti. Se queste alterazioni durano a lungo, cioè diventano croniche, è necessario rivolgersi a un medico che effettuerà gli esami diagnostici più opportuni.
La peristalsi è il complesso delle contrazioni e successivi rilassamenti della muscolatura longitudinale e circolare degli organi cavi del tratto gastrointestinale e serve a farne transitare il contenuto. Oltre ai movimenti peristaltici ci sono anche quelli di segmentazione che invece servono a mescolare il contenuto intestinale per farlo venire a contatto con la parete intestinale e favorire l’assorbimento di nutrienti e acqua.
Le onde peristaltiche avvengono nell’esofago, nello stomaco e nell’intestino.
I movimenti peristaltici dell’esofago iniziano a livello della parte superiore dell’organo per poi coinvolgere la parte inferiore e permettono al cibo di arrivare allo stomaco dove la loro azione permette di mescolare il contenuto dello stomaco con i succhi gastrici: le loro contrazioni aumentano man mano che il cibo passa verso la parte distale dello stomaco e da qui all’intestino.
Le contrazioni delle onde peristaltiche del piccolo intestino insorgono a intervalli regolari e sono costituite sia da onde lente, che si muovono con la velocità di 1-2 cm al minuto, sia da onde rapide che possono invece percorre fino a 25 cm al minuto. Questi movimenti servono a favorire l’assorbimento e la progressione del cibo verso il colon e quindi il retto, permettendo l’evacuazione delle feci.
La peristalsi del piccolo intestino ha tre finalità:
Le onde peristaltiche del grosso intestino servono a far progredire il materiale fecale verso il retto e a favorirne l’espulsione. A differenza del piccolo intestino, i movimenti peristaltici del colon si verificano da due a quattro volte al giorno, soprattutto nelle ore dopo i pasti.
Esiste anche una peristalsi inversa (o retroperistalsi) che è l’insieme dei movimenti che invece di spingere in avanti il cibo, lo muovono all’indietro. È quello che succede per esempio nel fenomeno del vomito in cui la retroperistalsi fa passare il cibo dal piccolo intestino, allo stomaco e poi all’esofago per essere espulso dalla bocca. La retroperistalsi avviene fisiologicamente a livello del duodeno per proteggere la mucosa dall’acidità gastrica e a livello dell’ileo terminale per favorire l’assorbimento di sostanze come acqua e nutrienti.
Le alterazioni dei movimenti peristaltici sono definiti disturbi della motilità. I movimenti peristaltici dell’intestino possono essere:
Se la peristalsi intestinale è assente significa che il materiale fecale non può progredire all’interno dell’intestino: il più delle volte è una condizione temporanea che tende a risolversi nell’arco di circa due giorni. Una forma molto grave di assenza della peristalsi è quella secondaria all’occlusione intestinale. Le cause principali di assenza di peristalsi sono:
Altre cause meno frequenti possono essere:
La peristalsi rallentata (ipomotilità o ipoperistalsi) porta a stipsi (o stitichezza) cioè la difficoltà nell’espellere le feci che ristagnano e perdono liquidi diventando secche fino a formare dei fecalomi (nei casi più gravi). Qualora dovesse diventare una condizione cronica può portare a complicanze quali la comparsa di emorroidi e diverticolosi.
Quando invece i movimenti peristaltici diventano più frequenti e intensi (ipermotilità o iperperistalsi), compare la diarrea (come nel caso di colite o nel morbo di Crohn) L’aumento dei movimenti peristaltici può inoltre impedire il corretto assorbimento dei nutrienti e provocare alterazioni del microbiota intestinale.
In caso di malfunzionamento dell’intestino si può verificare malassorbimento di alcuni nutrienti fondamentali e con conseguente carenza a livello organico. Inoltre, qualora i nutrienti dovessero permanere a lungo nell’intestino, potrebbero essere riassorbite delle sostanze tossiche che andrebbero invece eliminate: in questo caso potrebbe verificarsi la proliferazione di batteri potenzialmente patogeni e un indebolimento del sistema immunitario.
I sintomi che possono comparire in presenza di disturbi della motilità sono:
Alla base dei movimenti del tratto gastrointestinale c’è una componente muscolare e una nervosa. Se una o entrambe queste componenti sono danneggiate, in qualsiasi tratto dell’intestino, possono insorgere i disturbi della motilità. La peristalsi può essere alterata da:
A seconda della causa che è alla base dei problemi di motilità intestinale, i trattamenti possono essere diversi e in alcuni casi molto complessi, poiché possono essere coinvolti anche fattori mentali ed emotivi oltre che fisici.
In generale per regolare la motilità ed in base alla problematica da affrontare, si ricorre ai seguenti famaci:
Se le cause dell’alterata motilità possono invece essere ricondotte a fattori quali ansia o stress, il medico potrebbe consigliare la modifica di alcune abitudini di vita per alleviare i fattori stressanti.
Vanno inoltre trattate le conseguenze dei disturbi di mobilità come la disidratazione in caso di diarrea importante, soprattutto in bambini e anziani che ne sono facilmente soggetti.
In un’ottica di prevenzione, per mantenere la salute dell’intestino e un’adeguata peristalsi è bene seguire uno stile di vita sano nonché alcune regole fondamentali, quali:
Se, nonostante questi accorgimenti, i problemi di motilità dovessero perdurare, è importante sentire il parere del medico curante o rivolgersi a uno specialista in gastroenterologia.
Da studi recenti si è visto che la normale attività peristaltica dell’intestino viene mantenuta anche grazie all’azione del microbiota intestinale che, attraverso meccanismi non ancora del tutto chiari, riesce ad attivare un gene presente sulle cellule nervose che controllano la contrazione e il rilassamento del colon e a modularne così l’attività.
Avere una popolazione microbica intestinale sana e attiva è pertanto importante per una regolare attività peristaltica dell’intestino. Un microbiota sano, inoltre, influenza positivamente anche il sistema immunitario del tratto gastrointestinale.
In condizioni di disbiosi (cioè di un’alterazione della normale flora batterica intestinale), invece, le alterazioni qualitative e quantitative del microbiota possono portare allo sviluppo di diverse patologie, come l’infiammazione cronica dell’intestino. Tra le principali cause di disbiosi ci sono gli errori nell’alimentazione, lo stress e l’uso prolungato di antibiotici.
Se le alterazioni della motilità del tratto gastrointestinale si prolungano nel tempo diventando croniche, è necessario rivolgersi al medico di base o a un gastroenterologo che dopo un’accurata visita medica, valuterà quali esami diagnostici da effettuare.
Gli accertamenti prevedono generalmente esami di laboratorio tramite un prelievo di un campione di sangue a digiuno per avere un quadro clinico generale. Spesso però l’esame del sangue non è diagnostico e per giungere a una diagnosi sarà quindi necessario effettuare alcuni esami strumentali (ad esempio la radiografia dei tempi di transito) che permettono di analizzare a fondo le cause delle alterazioni della motilità.
Se si suppone che il problema sia legato ad un’alterazione della muscolatura del pavimento pelvico, il medico potrebbe poi prescrivere un ulteriore esame come la colpocistodefecografia, un esame radiologico con somministrazione di un mezzo di contrasto che permette di valutare le strutture che compongono il pavimento pelvico.
Un’altra tecnica diagnostica che si può utilizzare in presenza di alterata motilità intestinale è il clisma opaco o il pasto baritato: entrambe prevedono l’utilizzo di un mezzo di contrasto radiopaco, il solfato di bario, introdotto nell’intestino per via rettale tramite una sonda nel primo caso o tramite l’ingestione di una soluzione liquida nel secondo. Il clisma opaco permette di valutare rispettivamente eventuali alterazioni morfologiche e funzionali del grosso intestino e del retto mentre il pasto baritato dà una valutazione della porzione superiore del tratto digerente (esofago, stomaco e intestino).
Questi due esami permettono di evidenziare la presenza di lesioni quali ulcere, diverticoli e disturbi della motilità associate o meno a queste alterazioni.
Il clisma opaco è stato progressivamente sostituito dall’ecografia dell’addome con studio delle anse intestinali e dalla risonanza magnetica addominale (o entero-risonanza) effettuata con o senza mezzo di contrasto.
Infine, un’altra modalità diagnostica che viene utilizzata, tra le altre cose, per valutare alterazioni della motilità intestinale (per esempio in caso di stipsi e diarrea cronica), è la colonscopia, una tecnica endoscopica che permette di valutare il movimento del colon e di visualizzare eventuali lesioni presenti sulla mucosa di retto e colon.
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