La digestione è il processo che permette di trasformare i principi nutritivi contenuti negli alimenti in sostanze più semplici in modo tale che il nostro organismo le possa assimilare, eliminando gli scarti.
Attraverso una serie di passaggi i macronutrienti presenti nei cibi, ovvero carboidrati, grassi e proteine, vengono “smontati” in molecole più piccole in grado passare dall’intestino al flusso sanguigno e quindi essere distribuite nel corpo.
La digestione coinvolge due processi separati: la digestione meccanica e quella chimica. La prima permette di scomporre gli alimenti in particelle più piccole, la seconda consente di degradare ulteriormente i composti ingeriti attraverso enzimi digestivi, in modo tale che possano entrare nel flusso sanguigno. Una digestione efficace coinvolge entrambi questi processi e difetti nella digestione meccanica o in quella chimica possono portare a carenze della nutrizionee patologie gastrointestinali.
Il processo digestivo inizia in bocca, dove il cibo viene tagliato dagli incisivi, strappato dai canini e triturato dai molari per poi essere impastato assieme alla saliva. Questo “impasto”, che si chiama bolo, prosegue poi il suo percorso nell’esofago e si ferma nello stomaco per un tempo variabile: 1-2 ore per i carboidrati, 3-4 ore per le proteine e 5 o più ore per i grassi.
Non tutti i cibi hanno dunque la stessa permanenza nello stomaco: pane, pasta, riso, che sono costituiti essenzialmente da carboidrati complessi, viaggiano con una maggiore velocità rispetto a una bistecca di manzo, al prosciutto di maiale o agli insaccati in generale. Latte scremato, tè e caffè sostano nello stomaco da 20 minuti a un’ora, un’insalata di patate anche 3 o 4 ore come il petto di pollo.
Quindi lo stomaco, dopo ogni pasto, ha bisogno di un tempo variabile da 1 a 6 ore per svuotarsi. Ciò che ne esce è un composto semidigerito detto chimo, che deve essere sottoposto al completamento della digestione nel primo tratto dell’intestino tenue, un tubo “aggrovigliato” lungo più di 6 metri.
Nell’intestino tenue, sotto l’azione degli enzimi digestivi, la digestione prosegue attraverso la trasformazione dei carboidrati in zuccheri semplici, dei lipidi in acidi grassi e in monogliceridi, e delle proteine in aminoacidi. Per percorrerlo tutto il chimo impiega dalle 3 alle 10 ore, mentre i movimenti peristaltici prodotti dalla muscolatura delle pareti intestinali lo fanno avanzare verso l’intestino crasso, l’ultima porzione del canale digerente.
I tempi di transito gastrointestinale non sono uguali in tutte le persone, così come i relativi tempi di evacuazione delle feci. In media per digerire completamente un cibo occorrono dalle 24 alle 72 ore, ma sono numerosi i fattori possono influenzare i tempi di digestione. Vediamo i principali.
Età e genere
L’invecchiamento comporta delle variazioni dell’ambiente gastrointestinale che possono rendere meno efficiente e più lento il processo digestivo. Negli anziani infatti il metabolismo è rallentato, c’è una minore produzione di saliva, bile, succhi gastrici ed enzimi digestivi. Inoltre, spesso con l’avanzare dell’età si assiste anche a una riduzione dei movimenti peristaltici.
La riduzione della funzionalità gastrica e intestinale legata all’invecchiamento può quindi contribuire ad allungare i tempi di digestione degli alimenti. Non solo, può favorire anche alterazioni nell’assorbimento di alcuni nutrienti e la comparsa della stitichezza.
Per quanto riguarda il genere, alcuni studi indicano che in linea generale gli uomini digeriscono gli alimenti in modo più rapido rispetto alle donne.
Tipo e quantità dei cibi
I cibi ricchi di proteine e grasso, come la carne o il pesce azzurro, impiegano più tempo per essere digeriti rispetto ad alimenti ricchi di fibre, come frutta e verdura. Inoltre, pasti molto abbondanti impegnano troppo l’apparato digerente: se lo stomaco viene sovraccaricato, tenderà a svuotarsi più lentamente e la dilatazione indotta dal pasto abbondante può innescare un fastidioso senso di pesantezza.
Condimenti e metodi di cottura
I condimenti grassi che si aggiungono in fase di cottura, come l’olio e il burro, possono contribuire a rallentare la digestione dei cibi, così come i metodi di cottura. Le fritture, per esempio, tendono a rendere più difficoltosa la digestione. Friggere e saltare in padella con oli o condimenti danneggia la struttura degli alimenti e le alte temperature raggiunte dagli oli possono dare origine a sostanze tossiche e comunque rendere la pietanza meno digeribile.
Al contrario la cottura a vapore offre diversi benefici: il cibo cotto in questo modo viene digerito meglio e prima; inoltre il fegato e gli altri organi dell’apparato digerente prediligono i cibi cotti a vapore perché non contengono acidi grassi dannosi per l’organismo.
Malattie
Diversi disturbi e malattie possono interferire con la digestione degli alimenti e l’assorbimento dei nutrienti. In questo ambito rientrano tipicamente:
In questi casi occorre farsi seguire da un medico in grado di proporre un trattamento mirato e dare consigli per una dieta ottimale.
Ansia e stress
Nella nostra pancia c’è il cosiddetto “secondo cervello”, ovvero l’intestino, in dialogo continuo con il cervello vero e proprio attraverso il nervo vago. Rabbia, ansia, stress e preoccupazioni sono stati d’animo che si possono ripercuotere sulla funzionalità digestiva. Testa e pancia si influenzano in modo reciproco e condizionano lo stato di benessere psicofisico della persona.
Tutti prima o poi fanno i conti con la “cattiva digestione”, o dispepsia, e i fastidiosi sintomi da essa provocati, come senso di pesantezza, gonfiore e dolore addominale. Tuttavia, spesso bastano semplici accorgimenti nell’alimentazione e piccole modifiche dello stile di vita per migliorare sensibilmente la digestione, contribuendo a tenere lontani i problemi digestivi.
Il primo passo è sempre migliorare la composizione della propria dieta, preferendo cibi freschi e genuini. La qualità dei cibi è fondamentale: troppo spesso si tende a mangiare alimenti troppo calorici e poco nutrienti nonché difficili da digerire.
In secondo luogo, trattenere un cibo più a lungo in bocca, masticandolo bene, aumenta la sua superfice e quindi le sue potenzialità per assorbire in modo più veloce i succhi gastrici. Non solo, masticare e sminuzzare bene un alimento aumenta la produzione di saliva e degli enzimi appropriati per digerirlo da parte dello stomaco.
Al contrario se si mangia di corsa e magari in maniera nervosa non si riesce a spezzettare in maniera adeguata il cibo. E il cibo non masticato irrita lo stomaco, oltre a richiedere un tempo più lungo per essere digerito. Se si mangia con calma si ingoia anche meno aria, riducendo la formazione di gas intestinale. Inoltre, alcuni studi indicano che masticare bene e a lungo aiuta anche a mangiare meno, con benefici sul controllo del peso.
Un altro accorgimento utile consiste nell’evitare pasti abbondanti che sovraccaricano l’apparato digerente, senza contare che favoriscono la sonnolenza post-prandiale. L’ideale è fare tre pasti normali, per esempio colazione, pranzo e cena, e due merende (in genere si consigliano mele, yogurt o frutta secca), in genere uno spuntino a metà mattina e l’altro nel pomeriggio. In questo modo la digestione è più fluida e si tampona l’eventuale acidità e il bruciore di stomaco che possono derivare da un digiuno prolungato.
È importante anche limitare i cibi difficili da digerire: bisogna imparare a riconoscerli e limitarne il consumo. A parte alcune differenze soggettive, tra gli alimenti che di norma creano maggiori difficoltà digestive ci sono:
Anche fare sport contribuisce a facilitare la digestione in quanto stimola la peristalsi dei muscoli della parete gastrica e di quella intestinale che hanno lo scopo di far avanzare il cibo e le feci. L’ideale è praticare l’attività fisica prima dei pasti o, comunque, a distanza di almeno un paio di ore.
Se alcuni accorgimenti possono facilitare la digestione, altri comportamenti possono comprometterla. Ecco alcuni consigli sugli errori da evitare:
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